venerdì 26 settembre 2008

Cosa sta succedendo in Usa? Risponde la storia: dalla crisi del '29 ai mutui subprime


di Stefano Magni


Mentre l’altermondismo e tanta sinistra si concentra sulla prossima apocalisse ambientale ed in Italia sembra essere tornati al 1922, ecco che gli Stati Uniti si ripresentano al mondo dopo 90 anni in veste di bambini che giocando troppo, rompono il giocattolo. Gli americani, che esportano democrazia, benessere e junk food sono di nuovo i colpevoli primi, diremmo i responsabili, di una crisi finanziaria senza precedenti. La preoccupazione profonda che attanaglia in questi giorni Washington è riassumibile nell’epocale scelta bolscevica di elargire un prestito di 700 miliardi di dollari a Wall Street (leggibile in Italia in tutta la sua contraddittorietà, non a caso, nelle pagine quotidiane del Sole24Ore); tutto lascia pensare che le dirigenze americane la crisi del ’29 se la ricordino assai bene. Vediamo allora se confrontando velocemente tra loro le due dinamiche di crack, possiamo capire qualcosa di quello che succederà nei prossimi mesi.


Il ’29 e la (vera) fine del mondo

Come è noto la crisi del ’29, causata da una crisi di liquidità delle banche americane, è definita una crisi speculativa. Citando il citatissimo profeta del neo-fascismo Tremonti, hanno fatto per tanto tempo soldi sui debiti, non sul lavoro. O meglio, li hanno fatti sul lavoro degli altri. Le cause dell’apocalisse sono da ricercare nell’intero sistema economico USA dell’epoca: si prestavano soldi a chi non poteva ridarne, cercando di spalmare questo rischio sull’intero paese, ovvero i mansueti lavoratori delle fabbriche, i ricchi contadini del sud, i negozianti cittadini. Fallimento delle Authority (la cosa più vicina allo stato che un borker americano concepiva fino a ieri), ritiro immediato delle liquidità da parte dei piccoli risparmiatori (con conseguente crisi delle grandi industrie), immediate e distruttive conseguenze in tutto il Pianeta. Trionfo dell’insicurezza e della disoccupazione. In Italia c’era il fascismo. Inizia anche a voi a venire in mente qualcosa?
Le conseguenze sono molto conosciute: gli anni ’30 sono quelli della depressione, del New Deal, del nazismo, dell’IRI e del “colonialismo” italiano, della disoccupazione più nera. Gli Stati Uniti, la Germania, l’Italia e l’Inghilterra ne uscirono (se così si può dire) solo con una intensa militarizzazione. La Germania e l’Italia trovarono anche una maniera più diretta: “pignorare” i patrimoni agli ebrei. Il drammatico seguito di queste scelte (siamo sul terreno del Male Assoluto o no?) è noto ai più.

2007-2008: fiducia e sicurezza

Senza una casa una persona non può vivere. Senza lavoro una persona non può vivere. In Italia certi valori sono scolpiti nella Costituzione di tutti i cittadini (tranne chi la rifiuta, ovvero i 4/5 di chi governa il paese oggi). Negli Stati Uniti ci pensa la banca. Super finanza globale, agenzie di rating e redditi bassi creano il mostro: la crisi dei mutui subprime. Estate 2007. Dopo un anno di crisi dei prezzi e mostruosi aumenti dei prezzi dei generi alimentari (successe anche nel ’29), crollano le colonne di Wall Street (dalle quali dipendono i prezzi del nostro pane, altro che filiere fantasma e soluzioni da capipopolo). Crisi di liquidità. Chiudono le banche. I risparmiatori si ripresentano col forcone. O Stato, o morte. Oggi la parte saggia del partito repubblicano vuole elargire 700 miliardi di dollari per comprare le banche, ma fin’ora la vince la parte che trova il colpevole nei brokers avidi. Per McCain e la sua cricca il sistema americano funziona, Dio lo vuole, bisogna continuare così, fare fuori solo i colpevoli. Su persone così si dovrebbero ricostruire la fiducia e la sicurezza mondiali. È lecito iniziare a pensare che saranno tempi duri.

Differenze

La storia è sempre uguale a sé stessa e sempre diversa. Diversa oggi è la configurazione globale politica, diplomatica, economica, militare. La Cina non è più la stessa: il suo ruolo è di paese industriale e dominante. Le file davanti le banche a rischio per ritirare i risparmi sono lunghissime anche ad Honk Hong. Non esiste più il colonialismo militare: l’Iraq è ancora un paese in fiamme grazie ad un progetto per ora fallito. Il ruolo dei paesi arabi è cambiato e fluttuante: esiste Israele. Non ci sono più paesi comunisti o che oppongano un sistema socio-economico ideologicamente alternativo o competitivo (se non lievemente riformato) a quello USA. Ma esistono paesi potenti governati da decisissime teocrazie (Iran).


Immaginare uno scenario politico prossimo sarebbe romanzesco. Ma un fenomeno planetario davvero nuovo differenzia quel mondo dal nostro. La globalizzazione è stata e continua ad essere una dinamica unica, legata appunto alla finanza globale: ci ha abituato alla disoccupazione di massa quotidiana, alla precarità, ad un consumo di nuova generazione, alle metropoli uguali in tutto il mondo, all’apprendistato a vita. Ovvero un regime di crisi cronica, che sopporta meglio le conseguenze di una classica crisi finanziaria, rispetto al vecchio mondo antico dei nonni col littorio, ancora legati alla rusticitas che qualche sindaco di Roma ci vuol ritirare fuori. La risposta alla crisi americana potrebbe essere anch’essa innovativa, non finire forse in un’escalation militare. Il primo passo verso questo – neanche a dirlo - dipenderà in gran parte dalle elezioni presidenziali americane.

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