sabato 19 luglio 2008

Incontro con Magdalena, indigena Tolupan: un popolo millenario minacciato dalle multinazionali


di Mariella Guidotti

“Quando il mango fiorisce abbondantemente e i suoi fiori si mantengono a lungo, se rimangono fino a quando maturano i frutti, allora sappiamo che sarà un anno fantastico per il raccolto. Guardando il mango sappiamo se è meglio preparare tanta terra oppure seminare di meno, per poter irrigare di più e ricavare il massimo possibile. La terra è parte della nostra vita e noi viviamo in armonia con la natura.” Magdalena Perez Vieda è in Italia da circa un anno, rifugiata politica. I suoi occhi si accendono mentre racconta il suo popolo, la sua cultura. Evoca un mondo lontano, nello spazio e nel tempo, mentre camminiamo insieme nelle vie del centro di Roma, affollate di visitatori e turisti. Nei dialoghi con Magdalena affiora di continuo il mondo da cui proviene, la sua storia, il modo di vivere della sua gente, come se li avesse cuciti sulla pelle e come se la bellezza artistica della Città eterna le passassero sopra sfiorandola appena.


Magdalena Perez Vieda è in Italia da circa un anno, rifugiata politica. I suoi occhi si accendono mentre racconta il suo popolo, la sua cultura. Evoca un mondo lontano, nello spazio e nel tempo, mentre camminiamo insieme nelle vie del centro di Roma, affollate di visitatori e turisti. Nei dialoghi con Magdalena affiora di continuo il mondo da cui proviene, la sua storia, il modo di vivere della sua gente, come se li avesse cuciti sulla pelle e come se la bellezza artistica della Città eterna le passassero sopra sfiorandola appena.

Oggi pomeriggio ci incontriamo perché mi vuole raccontare in modo più diffuso delle sue vicende e di quelle del popolo cui appartiene, i Tolupan: “Siamo un popolo antichissimo arrivato in Honduras 500 anni prima dei Maya. Siamo discendenti degli Jokan Sioux, del nord degli Stati Uniti: il nostro territorio corrisponde oggi alla Bassa California e al Colorado. Siamo divisi in 35 tribù ed io appartengo alla tribù Candelaria ”.

La minaccia delle multinazionali


Il popolo Tolupan attualmente è esposto alla minaccia di genocidio. Per questo Magdalena è in Italia. Una multinazionale canadese, la “Entremares”, che è anche impresa mineraria, ha messo gli occhi sul loro territorio, ricco di legname e di materiali preziosi. Hanno chiesto di comprarlo, ma per i Tolupan si tratta di una richiesta impossibile, prima di tutto perché la loro civiltà si è sviluppata e vive in simbiosi con l’ambiente naturale e poi perché non conoscono la proprietà privata, e il possesso della terra è collettivo. Lo Stato dell’Honduras riconosce il particolare statuto dei popoli indigeni già dal 1864, quando ha legalizzato questa forma di proprietà comune. Inoltre a partire dagli anni ‘50 del Novecento, quando è stata scritta la Costituzione repubblicana, l’art. 346 afferma che “è dovere dello Stato proteggere e vegliare per gli interessi della popolazione indigena, là dove sono situati, rispettando la loro religione, il loro credo, la loro cultura”.
“Siamo a nord di Tegucigalpa, quasi al centro del paese. Prima dell’arrivo degli spagnoli abitavamo una pianura a S. Pedro Soula, che era il centro di un libero mercato tra le nostre tribù ed era una specie di ponte con i territori del Messico e il Guatemala. Dopo la conquista abbiamo dovuto ritirarci sulle montagne. Viviamo della semina, della pesca e della caccia. Il nostro territorio è un habitat che amministriamo e in cui ci muoviamo con molto rispetto, usando solo mezzi tradizionali. Non usiamo sostanze chimiche per coltivare. Dai boschi prendiamo il legname che serve a costruire le case; nel fiume c’è un po’ di oro e chi ha bisogno va a prenderlo, ma solo lo stretto necessario”. Attualmente sono circa 58.000 le famiglie Tolupan, divise in tribù, suddivise a loro volta in comunità.

Inquinamento e terrore
Ora però le multinazionali attaccano la natura intatta di questo angolo di mondo: “Hanno avvelenato i fiumi, fatto morire i pesci e lanciato con l’aereo dei prodotti chimici che uccidono gli alberi della foresta”. Ma la volontà di fare terra bruciata intorno i Tolupan e costringerli ad andarsene non si ferma alla distruzione della natura: negli ultimi otto anni sono stati uccisi più di cinquanta leaders di comunità e Magdalena stessa ha perso otto membri della sua famiglia, tra cui un fratello appena trentenne e il suocero. Il marito, Angel, dopo l’uccisione del padre e il ferimento della madre ha avuto paura ed è scappato. Marisol, la più piccola dei loro quattro figli, aveva appena due o tre mesi. Per più di due anni non si sono più avute notizie di lui. Solo alla fine di agosto di quest’anno è arrivata una telefonata dagli Stati Uniti: in tutto questo tempo Angel è stato quasi sempre in prigione, arrestato più volte alla frontiera mentre cercava di passare dal Messico agli Stati Uniti. Non aveva saputo più nulla del suo paese, della sua famiglia, né che Magdalena fosse in Italia.
“Siamo rimasti al telefono mezz’ora, ma facevamo fatica a parlare per l’emozione, per la distanza e perché è passato tanto tempo e sono successe tante cose”. Angel ora ha un permesso provvisorio, che scadrà improrogabilmente a luglio. Poi dovrà lasciare gli Stati Uniti o diventare clandestino.
Magdalena è dovuta scappare in Italia: il suo popolo e le diverse organizzazioni in cui era impegnata l’hanno incoraggiata e sostenuta a lasciare il paese e a mettersi al sicuro.
Magdalena infatti ha ricoperto diversi incarichi di responsabilità: è stata presidente della Coordinadora Nacional de las Mujeres Indígenas e Negras de Honduras (CONAMINH) segretaria della FETRIXI (Federación de tribus Xiqaques de Iyoro), rappresentante alla Secretaria de la Tierra nella Confederación de Pueblos antoctónos de Honduras, tesoriera del Consiglio direttivo della sua tribù. Diverse volte i rappresentanti dell’ “Entremares" sono andati da lei per farle firmare l’atto di cessione delle terre. Ma: “la terra non è mia, appartiene al popolo da generazioni e generazioni”. Così ha lasciato i quattro figli affidandoli a sua sorella ed è partita, aiutata da una associazione italiana attiva nella cooperazione internazionale.

L'asilo politico
La situazione di persecuzione è talmente chiara e documentata che dopo solo due mesi le è stato concesso l’asilo politico. Pensavamo che avrebbe subito cercato di riunire la sua famiglia qui, dove è al sicuro, ma nonostante la pena e la nostalgia per i figli, Magdalena non ha voluto. È decisa a tornare nella sua terra appena possibile, a continuare la lotta per il suo popolo. Intanto è preoccupata per la sua comunità che da tre anni non riesce a seminare perché è sempre sotto l’incubo degli squadroni paramilitari assoldati dalle multinazionali. “Il 12 agosto hanno ucciso il figlio di mia cugina, un ragazzo attivo che lavorava per la comunità”. La notte di Natale dello scorso anno un altro suo parente è caduto in una imboscata. Aveva 35 anni e tre bambini piccoli.
“Ora c’è una situazione di fame terribile. Produciamo il mais, ma il regime di libero commercio è lesivo per la nostra cultura indigena, inoltre da quasi tre anni non abbiamo potuto seminare per il terrore. In primavera mio figlio maggiore Vladimiro, insieme a Marcelino Marinez, un avvocato contadino, ha riunito tre tribù: erano tremila persone e cercavano di avviare insieme un piccolo progetto di semina. Dopo tre giorni da quella riunione, gli hanno teso un’imboscata. Viaggiava su una jeep con un cugino e alcuni uomini lo aspettavano in un punto stretto della strada. Erano armati di mitra. La jeep, raggiunta da più di cinquecento colpi, è finita in un fosso e loro sarebbero certamente stati uccisi se Vladimiro non avesse avuto con sé una pistola e non avesse reagito. Per fortuna si sono salvati, ma sono rimasti seriamente feriti: mio figlio ha quasi perso l’uso di una mano. Adesso il popolo sta soffrendo la fame e non sappiamo come aiutare. Noi non vogliamo soldi, vogliamo solo essere rispettati nella nostra dignità e vivere in pace.”


Far conoscere la storia
A Roma Magdalena ha trovato lavoro in una famiglia e cerca appena può di mandare soldi alla sua tribù, ma soprattutto non tralascia nessuna occasione per parlare di questa situazione, per sensibilizzare, per chiedere aiuto: incontri, conferenze, interviste e di recente due incontri informali presso la Commissione Esteri del Senato: “Se nessuno ci aiuta, il nostro popolo è condannato al genocidio. In Senato ho presentato una proposta di aiuto in cinque tappe e ho chiesto che facciano pressioni sul governo perché fermi le multinazionali e intervenga a punire questi omicidi. Mi hanno assicurato che manderanno una raccomandazione...”.

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