domenica 13 luglio 2008

Il caso Rete 4 / Europa 7: alle radici di una storia italiana (2° parte)


di Daniele Zandonà

La situazione tra le due emittenti televisive all'alba del terzo millennio si presenta come descritto alla fine della prima parte: Europa7 è titolare del diritto di trasmettere a livello nazionale, ma non dispone delle frequenze che gli spetterebbero perchè queste sono occupate da Rete4, che dovrebbe invece essere spostata sul satellite, così come fissato dalla legge del '97, seppure nella più assoluta indeterminatezza.

Le vicende nel quinquennio di Berlusconi

Interviene a questo punto nuovamente la Corte Costituzionale, che tramite una sentenza, nel 2002 dichiara incostituzionale la precedente indeterminata legge del '97, e provvede a fissare lei stessa il termine entro il quale la rete in esubero dovrà essere spostata sul satellite: entro il 31 dicembre 2003; si profila così per Europa7 la speranza di prender finalmente possesso delle frequenze che le spettano di diritto. Ma a pochi giorni dalla scandenza, nel dicembre 2003, il governo Berlusconi vara il cosiddetto decreto salva-rete4, e lo scacco definitivo viene giocato nel 2004 con la legge Gasparri: in attesa del definitivo termine di abbandono di tutte le frequenze analogiche e dello spostamento di tutte le reti sul digitale terrestre, chiunque fino a quel momento abbia trasmesso in analogico potrà continuare a farlo; rete4 compresa! Inoltre tale termine, inizialmente fissato a fine 2006, viene presto spostato a fine 2008, e poi addirittura a fine 2012 da Gentiloni. La legge Gasparri, nonostante vari richiami di incostituzionalità, e il rimando dell'allora Presidente della Repubblica Ciampi, viene infine approvata nell'aprile del 2004; Di Stefano e Europa7 si vedono in quel momento alienati “per legge” dal loro leggittimo diritto di trasmettere, e allora l'unica via che rimane all'imprenditore è quella giudiziaria.

La partita diventa europea

Anche il governo Prodi, subentrato a Berlusconi nel 2006, non cambia indirizzo nei riguardi della questione; non trovando vie d'uscita in ambito nazionale, l'unica speranza per Di Stefano di far valere i propri diritti è guardando all'europa, investendo il Consiglio di Stato di interrogare la corte di Lussemburgo sull'effettiva legittimità delle norme italiane. La risposta della Corte di Giustizia Europea, attraverso 3 sentenze, quella definitiva arriva nel gennaio 2008, demolisce completamente l'idea di legittimità del regime transitorio vigente ormai da più di un decennio nei confronti di Rete4, e stabilisce che il Consiglio di Stato dovrà risarcire per milioni di euro i danni che tale regime ha arrecato a Europa7. Inoltre, anche la stessa Unione Europea si pone nella stessa posizione: si parla di una multa ai danni dell'Italia di oltre 300mila euro al giorno con effetto retroattivo al 2006, se entro il 2009 la normativa nazionale non verrà cambiata abolendo il sistema attuale.

La situazione attuale

La vicenda è rimasta in una situazione di stallo, dopo il recente tentativo del nuovo governo Berlusconi di promulgare un nuovo emendamento salva-Rete4, arginato da una dura opposizione degli avversari, per passare poi in secondo piano nelle ultime settimane. Oltre che assistere alle occasionali scaramucce tra chi vorrebbe tenere la vicenda costantemente sotto i riflettori, Di Pietro in primis, e chi invece controbatte che “i cittadini sono preoccupati da ben altri problemi” (motivazione ultimamente molto utilizzata in ogni vicenda che riguardi personalmente il premier), tra i quali in primo luogo Emilio Fede, rimane ben poco da fare se non attendere gli ulteriori sviluppi in attesa del prossimo anno, quando le paventate procedure di infrazione dell'UE potrebbero diventare realtà.

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