sabato 28 giugno 2008

Donne fra parità e discriminazione: intervista a Maria Serena Sapegno (seconda parte)

di Michela Truncellito e Serena Rosticci
Siamo nel 2008 ma il tema della parità dei sessi è ancora una questione scottante. Spesso sembra di averla raggiunta, ma poi basta guardarsi seriamente intorno per accorgersi che forse non è proprio così. Per questo la redazione di Sferalab ha deciso di approfondire l’argomento osservando il contesto socio-culturale in cui viviamo e ascoltando il parere di persone esperte dell’argomento. Si è quindi deciso di sentire cosa pensa della situazione femminile attuale la Prof.ssa Maria Serena Sapegno, docente di Studi di Genere all’Università La Sapienza di Roma, sulle dinamiche e problematiche legate alle questioni di genere, quella che segue è la seconda parte della conversazione con la Professoressa. Qui il link alla prima parte dell'intervista.
In che modo una politica di genere può influire sulle dinamiche economico-politiche di uno Stato?
L’Italia è il fanalino di coda in Europa per quanto riguarda l’occupazione femminile e i servizi al cittadino, ed è senso comune che le donne rubano il lavoro agli uomini. Proprio in questi giorni a tal proposito è uscito un articolo, a mio avviso molto interessante, sul fatto che alcuni economisti si sono messi a fare dei conti, e hanno visto che non solo le donne non rubano il lavoro agli uomini, ma hanno dimostrato, per una serie di meccanismi molto complessi sulla distribuzione e sulla divisione del lavoro all’interno della società, che per ogni 100 donne che lavorano si creano 15 nuovi posti di lavoro, in quanto loro per lavorare hanno bisogno di mettere in movimento altri che facciano delle parti del lavoro (non retribuito) di assistenza e cura della casa che loro svolgono quotidianamente. Le donne italiane sono quelle che in Europa svolgono più lavoro casalingo e lo condividono meno con il loro partner, non esiste nessun altro paese europeo in cui gli uomini non facciano nulla in casa come da noi, con eccezione di alcuni giovanissimi uomini che si comportano in modo un ro per lavorare hanno bisogno di mettere in movimento altri che facciano delle parti di lavoro che loro fannon disastro,perchépo’ diverso. Allora il nucleo è questo, se le donne entrano nel mercato del lavoro, necessariamente mettono in moto una serie di altri meccanismi per cui creano lavoro e PIL. Inoltre l’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma sulla base di dati precisi che per ogni donna che impara a leggere e scrivere nel mondo diminuisce la mortalità infantile. Il nodo intorno a cui può girare il progresso del mondo, non è un fatto ideologico è un fatto oggettivo e materiale, è il cambiamento della posizione delle donne nei diversi paesi nel mondo. A Pechino e in tutte le varie Conferenze Internazionali delle Donne si è focalizzata l’attenzione sul fatto che questa battaglia è una battaglia giusta in primis perché metà dell’umanità ha diritto ad essere pienamente soggetto e cittadino ma anche perché se questo avvenisse realmente porterebbe dei miglioramenti reali per tutti, metterebbe in moti molteplici processi di benessere di cui tutti gioverebbero. Per questo bisogna studiare, per avere delle risposte precise a comuni modi di pensare, a pregiudizi di comodo dettati spesso da ignoranza e pressappochismo.
In che modo lo Stato Italiano dovrebbe operare per decostruire una politica e una cultura sessista e per costruire una politica e quindi una cultura, basata su un’ uguaglianza reale tra i generi?
Principalmente sono necessarie delle leggi e delle misure materiali affinché le donne abbiano degli spazi di autonomia e di scelta libera, abbiano la possibilità di lavorare e di fare figli senza che i due eventi entrino in contrasto tra loro. Tra le prime cose fatte da questo governo è stato togliere fondi alle associazioni che si occupano delle donne violentate e le misure che si scelgono di prendere la dicono già lunga; è ovvio che bisogna tagliare da qualche parte però questo non mi sembra un capitolo da tagliare, io credo che non si debba tagliare da lì. Altro punto è che bisogna rendere conveniente a chi lavora che le donne lavorino.
Potrebbe fornirci un esempio pratico?
Per fare un altro esempio pratico in questo periodo si parla tanto di sicurezza rispetto agli immigrati, ma c’è un insufficiente numero di scuole, di asili nido per cui a questo punto si è creata una competizione tra bambini figli di immigrati e bambini figli dei residenti in Italia, questo produce uno scontro che non è necessario, produce una conflittualità in più, che crea solo tensione. Così si combatte la sensazione di insicurezza, un/a cittadino/a non deve avere la sensazione che gli immigrati portino via i posti nelle scuole, bensì la consapevolezza che loro ci vengono ad aiutare a fare delle cose che noi non facciamo: allora se lo Stato gli offre degli asili loro non tolgono più posti ai bambini italiani. Oltre al problema che concerne le strutture economico-sociali esiste però un problema squisitamente culturale ed educativo. L’Europa continua a segnalare che l’Italia è arretrata in materia di coscienza di genere, che le questioni di disuguaglianza sono molto gravi, quindi l’opinione pubblica, le associazioni, devono spingere affinché vengano prese delle decisioni.
In che modo secondo lei si potrebbe intervenire affinché tutto ciò emerga?
Per esempio io ho dato la mia adesione, insieme ad altre associazioni che hanno deciso di partecipare, tra cui “Maschile Plurale” (associazione di uomini contro la violenza), ad un gruppo di iniziative che, fondi permettendo, si propongono di formare dei docenti alla cultura di genere. Sarebbe davvero basilare che ciò vada ad abbracciare prima di tutto l’asilo e le scuole elementari, perché è li che si formano questi stereotipi di genere. Basta vedere i giochi che le bambine e i bambini utilizzano, gli diamo tutti giochi “da maschio” o tutti giochi “da femmina”, non era più così alla fine degli anni 70, anzi si trovavano tranquillamente maschietti che giocavano con le pentole e viceversa e invece si è ricostruita una stereotipizzazione veramente molto stupida e irritante. Anche gli abiti sono stereotipati in modo mostruoso, già a sei mesi o tutto rosa o tutto celeste, credo ci sia panico che corre da qualche parte, sulla confusione, sulla perdita di una precisa identità sessuale. Le bambine le vestono da femme fatale a tre anni, con un’insistenza sulla seduzione seriamente inquietante specie in un momento in cui sono emersi tutti questi dati sulla pedofilia. Questo è un dato su cui riflettere, da una parte si urla giustamente allo scandalo per questi dati così inquietanti, molto più inquietanti di quanto noi effettivamente sappiamo, dall’altra già nei primissimi anni di vita rendiamo i bambini dei piccoli stereotipi sessuali. Da queste e molte altre riflessioni nasce l’idea del bisogno di agire sin dai primi anni di vita della persona.
Cosa ne pensa a riguardo delle decisioni politiche attuate ultimamente in Spagna e di quelle attuate in Italia?
Dal punto di vista del retroterra culturale la Spagna è facilmente paragonabile all’Italia: cattolicesimo dominante, civiltà latina, cultura matriarcale su un certo piano, certamente patriarcale nella sostanza. L’unica analisi che minimamente ci assolve rispetto alla grande vivacità della Spagna e alla grande staticità dell’Italia oggi, è che gli spagnoli stanno ancora uscendo da un lungo periodo di depressione economica, politica e culturale dovuta al franchismo, questo balzo è tipico di tutte le società che sono state oppresse, l’Italia per esempio attraversò questa fase negli anni ’50 dopo la caduta del fascismo.
Qual è la differenza oggi?
Ma a parte ciò, è rilevante questa grande visibilità delle donne con Zapatero: hanno preso la decisione di fare il contrario di ciò che noi pensiamo normalmente si debba fare, cioè guardare al centro, mediare, lui non ha fatto nulla di tutto ciò. Ha presentato un primo governo di metà donne e metà uomini, subito dopo hanno varato una legge sulle violenze in famiglia, quindi ha fatto arrivare anche un messaggio complesso, cioè che la famiglia è una cosa importante, ma la famiglia può essere anche un inferno, in cui possono accadere fatti sgradevolissimi o addirittura terribili, quindi se è vero che va difesa la famiglia, è altrettanto vero che all’interno della famiglia vanno garantiti i più deboli. Si è espressa in Spagna una dimensione di novità indiscutibile, molte donne, molti giovani, il risultato è stato eccellente da tutti i punti di vista, in parte per la fase positiva a cui si accennava prima. Però non solo se prima di Zapatero, quando al governo c’era Aznar, la Spagna non aveva avuto questa sterzata fortissima di cambiamento e innovazione, quindi evidentemente è il governo di Zapatero che ha liberato nuove energie. Alle donne non sono stati dati i ministeri meno importanti, senza portafoglio, come è successo in Italia, ma gli sono stati dati ministeri fondamentali. Ora hanno questo ministro della difesa incinta che è un’immagine meravigliosa, ci sono fattori d’impatto simbolico che non bisogna sottovalutare in queste faccende. Questo produce fiducia, anche le donne si sentono più rappresentate, più libere di pensare. E il governo spagnolo sta facendo anche delle scelte interessanti per ciò che concerne gli investimenti scegliendo le università, la ricerca, i servizi al cittadino.
Quali sono le conseguenze di queste soluzioni politiche?
Proprio questi ultimi liberano le energie di tutti, perché se le donne si occupano dei figli, degli anziani, dei malati, annullano il loro tempo, se fanno quello non possono fare altro. Lo Stato andando a supportare le cittadine con l’erogazione di svariati servizi e dando dall’altro lato le responsabilità a chi ha le competenze, le energie, l’intelligenza per andare a ricoprire determinate cariche e ruoli, va a ricevere molto in cambio, senza sprecare inutilmente le competenze delle giovani menti. Questo circolo virtuoso sembra molto lontano dall’essere praticato in Italia e invece lì sembra aver dato degli ottimi risultati, questo è un giudizio dall’esterno, però si parla anche sulla base di dati: Zapatero aveva contro di sé la Chiesa, che ha ancora una funzione molto importante, eppure ha vinto tranquillamente per la seconda volta le elezioni e sta facendo il suo secondo governo con più donne di prima. Intanto il nostro primo ministro non pensa di meglio che fare battute sessiste, inoltre noi abbiamo la Carfagna che è “la più bella” e anche Giorgia Meloni che è “la più giovane” e già ci deve bastare.

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