di Roberto Scalia
Sono in pochi a sapere in Italia che il Teatro non è fatto solo di opere di Carlo Goldoni o di Eduardo De Filippo, ma anche da piccoli autori che in tutta Italia si autoproducono realizzando quasi sempre degli spettacoli degni di attenzione e di interesse. E’ il caso di Manuele Morgese, giovane attore napoletano che in un capannone abbandonato ha realizzato all’Aquila uno spazio da duecento posti, il Teatro Zeta.
Nel 2005 Teatrozeta è entrato a far parte del circuito dei “Teatri Possibili” e accanto all’attività di produzione della compagnia teatrale, è diventato sede della scuola di teatro e della prima stagione Teatri Possibili. Iniziativa volta a promuovere i lavori di nuova drammaturgia, provenienti da festival e rassegne, ma anche e soprattutto spettacoli di impegno sociale e di nuova drammaturgia proposti all’Aquila.
Manuele ci puoi descrivere il tuo rapporto con il pubblico e il Teatro e soprattutto le difficoltà a cui va ogni giorni incontro?
Nel 2005 Teatrozeta è entrato a far parte del circuito dei “Teatri Possibili” e accanto all’attività di produzione della compagnia teatrale, è diventato sede della scuola di teatro e della prima stagione Teatri Possibili. Iniziativa volta a promuovere i lavori di nuova drammaturgia, provenienti da festival e rassegne, ma anche e soprattutto spettacoli di impegno sociale e di nuova drammaturgia proposti all’Aquila.
Manuele ci puoi descrivere il tuo rapporto con il pubblico e il Teatro e soprattutto le difficoltà a cui va ogni giorni incontro?
“Il pubblico rappresenta la mia ragione di essere e il motivo del mio lavoro, le sere in cui non ci sono incassi basta un lungo applauso per diluire la delusione. Per fare il teatro che faccio bisogna essere fondamentalmente un po' folli e se questa follia o ingenuità da bambini mi rende vivo allora ben venga. L'Italia è un paese arretratissimo se parliamo di nuova drammaturgia e nuove istanze del teatro, la gente va ancora a teatro perchè vuole vedere Pirandello e Goldoni. Gli ultimi anni hanno prodotto solo dei falsi miti, il teatro italiano è solo di facciata, la critica non critica, figurati il pubblico. Prova a fare un applauso all'Argentina o al Valle o al Bellini di Napoli, tutti ti vengono dietro. Al termine dei lavori fatti con Riccardo Reim, come Caminito e Turbamenti godo quando il pubblico non applaude subito, godo quando c'è un silenzio sacro che non rompe il filo attore – spettatore e godo anche di avere 5 spettatori che applaudono con il cuore e con i brividi addosso, meglio avere quei 5 che 500. Tu hai avuto la capacità di far nascere un Teatro all’Aquila e di portarlo avanti con tante difficoltà e per questo puoi essere un punto di riferimento per tutti i giovani, ma cosa si può fare per rendere le cose più facili in Italia?
“Il mio impegno è totalizzante. Teatrozeta vuol essere un riferimento per i giovani talenti e per questo ospita artisti impegnati e davvero bravi il grosso problema dell'Italia è la politica, il finto perbenismo, la cattocrazia e stupida burocrazia la finta cultura è veramente un quadro tristissimo e c'è gente che crede ancora a quello che vede in televisione. Il teatro quale specchio della società non può essere che affossato, basta considerare quanti allestimenti strafinanziati dal ministero e strapagati, che fanno seriamente schifo, quanti spettacoli sii vedono in giro addirittura imbarazzanti! E poi i giovani? Per essere protagonista in teatro o ti autoproduci o addio.
Ad aprile ti sei esibito al Teatro dell’Orologio, secondo te la situazione per il Teatro Indipendente a Roma è favorevole? La situazione romana è vergognosa. La gente che gestisce i teatri a Roma e che non fa altro che affittarli dovrebbe farsi da parte. Il Teatro dell’Orologio chiede una minima garantita per sé, mentre un teatro a finanziamento pubblico ti ospita senza fare alcuna promozione e ti chiede soldi, insomma tu lavori per loro e il direttore si spaccia per promotore di giovani leve, quando invece si dovrebbero solo vergognare dalla A alla Z tutti e tutti quei fittacamere o meglio fittateatri che non alzano un dito per sostenere le giovani compagnie, rischiando di ucciderle. E poi al botteghino ti chiedono 2 euro per una finta tesserina da associato, dunque questa tassa che obbligatoriamente paga il pubblico a chi va e come viene giustificata? Personalmente quando credo in un progetto metto mano alla tasca e rischio, questa gestione indiscriminata e pericolosa appiattisce tutto e tutti. Io mi impegnerò in prima persona perchè venga scardinato questo sistema e per denunciarlo a tutti e la stampa ha l'obbligo di intervenire e mostrare il lavoro faticoso delle giovani compagnie.
1 commento:
Un piccolo giro sui vari blog per lasciare saluti ed augurare una buona serata a tutti. Maria
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