mercoledì 28 maggio 2008

La giunta Alemanno riduce i fondi per la scolarizzazione rom



di Salvatore Scirè

Dopo tanto parlare, ecco i primi provvedimenti concreti della giunta Alemanno, con le proposte dell’Assessore alle Politiche Sociali del comune di Roma Laura Marsili. Mentre il sindaco distribuisce pistole in mezzo al traffico urbano, la sua collaboratrice stabilisce la linea dei primi passi della nuova giunta. Con la motivazione degli scarsi risultati delle cooperative sociali Arci e Capodarco, impegnate in un progetto di scolarizzazione dei minori rom, la nuova assessora ha dichiarato di voler riformulare il bando di concorso e di ridurre i fondi al progetto e alla durata fino ad un anno fa trimestrale.

Secondo i dati del Campidoglio sarebbe stato uno sforzo economico inutile quello dei sindaci che hanno preceduto Alemanno a Roma. L’altra parte del progetto consisterà nella abolizione dei menu etnici dalle scuole romane imponendo piatti tipici della tradizione regionale ai bambini extracomunitari.

La situazione romana

Togliere l’opportunità agli enti sociali che lavorano nel territorio sembra solo una scusa per far quadrare i conti colpendo la fascia più debole. La maggior parte dei romani sembra disinteressata alla scolarizzazione dei rom come d’altronde gli stessi bambini e la rispettive famiglie che spesso non vedono nella scuola una speranza. In quanto alla volontà di rifare una gara d’appalto esiste la possibilità per cui il cambio di cooperativa coincida con voti elettorali arrivati dagli stessi enti sociali. Parte delle ONLUS dei vari municipi di Roma sono notevolmente favorite dalle elezioni amministrative e se vince il proprio candidato amico si può avere un utile superiore di addirittura 200.000 euro annui. Questo perché in genere ad ogni quartiere vengono stanziati più o meno 100.00 euro che teoricamente dovrebbero essere tutti usati per spese e dipendenti, ma tra tagli dei costi e scarsa retribuzione dei lavoratori si riesce a mettere da parte un bel gruzzoletto.

La speranza della cultura

L’Italia non ha una tradizione multiculturale ed andarla a creare non significa incrementare la violenza o diminuire i canali che la rendono possibile. In un momento in cui la scuola dovrebbe essere il trampolino per lanciare italiani e rom verso una dimensione interculturale non si può distruggere il significato della parola integrazione. Per ogni progetto sociale generalmente non bastano quattro o cinque anni per la realizzazione. Quello della scolarizzazione e l’integrazione degli extracomunitari a Roma e in Italia potrebbe richiedere molto di più, soprattutto se invece di progredire si fanno clamorosi passi indietro, come quello della giunta capitolina in questo caso.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E pensare che la scuola dovrebbe avere il ruolo di educare le giovani generazioni alla legalità, alla convivenza civile e alla alfabetizzazione. Quando si parla di alfabetizzaione non ci si riferisce solo ed esclusivamente al saper scrivere, leggere e far di conto. La scuola deve alfabetizzare i giovani, per permettere loro di aver a che fare con altre culture e a sapersi confrontare con chi proviene da un paese ce adotta lingua e codici di comunicazione, diversi dai tuoi. In tutta Europa, questo avviene da anni, nel rispetto delle tradizioni e dei costumi, di chi proviene da qualunque pese del mondo. Non si perde l'identità culturale, se si finanziano iniziative che permettano l'integrazione degli stranieri. Più che perdere ci si arricchisce. Ma, purtroppo, il "sistema", preferisce tagliare su ciò che riguarda l'istruzione e l'integrazione. Forse perchè troppo preoccupato ad acquistare i manganelli e le spranghe di ferro per il suo gruppo armato? :-)...mah! Il Campidoglio e il Quirinale, uniti in un solo abbraccio....Brrrr!!! da panico!
Biancarosa

Anonimo ha detto...

Uno dei grandi problemi dell'Italia è stato sempre il passaggio da emigrazione a immigrazione. Putroppo molt paesi hanno una culltura multiculturale, magari sbagliata come quella americana, ma sempre una cultura. Noi siamo troppo attaccati alla figura nazionalistica.
Salvatore