giovedì 29 maggio 2008

Israele e Palestina: ancora un no alla pace


di Serena Rosticci


Sono stati molti gli eventi in questi ultimi giorni nelle terre del Vicino Oriente, e diversi sono stati gli sviluppi. Dopo gli ennesimi scontri pare si affacci, in Israele e in Libano, un barlume di speranza che lascia intravedere nuove prospettive per il futuro dei popoli che abitano quei Paesi. Speranza che però, ancora una volta, trova a scontrarsi con la realtà e con i molti ostacoli che di questa fanno parte.


In Israele
A 60 anni dalla nascita dello stato d’Israele, i due popoli che da anni si scontrano su queste terre ancora non riescono a vedere uno spiraglio di pace. Gli scontri si susseguono frenetici di giorno in giorno: continui sono gli attacchi da parte degli israeliani, così come continua è la resistenza del popolo palestinese. Sembra che la pace sia possibile solo nel caso in cui Israele abbandoni buona parte degli insediamenti, così da favorire la nascita di uno stato palestinese. Tuttavia il governo Olmert non sembra disposto ad attuare questo tipo di rinunce e, sebbene una parte della popolazione civile israeliana voglia il ritiro dei territori occupati, pochi giorni fa un gruppo di coloni ha deciso di occupare Beit Sahour, piccola cittadina vicino Betlemme e sottoposta, secondo gli accordi di Oslo, alla sovranità palestinese.
Pochi giorni fa hanno avuto luogo al Cairo una serie di incontri per cercare di placare gli scontri fra israeliani e palestinesi. Le trattative però non hanno avuto il risultato sperato, ogni tentativo di accordo è fallito. Le cause di questo fallimento sono da ricercare nelle condizioni richieste: Israele, infatti, ha chiesto ad Hamas, in cambio della riapertura dei valichi della striscia di Gaza, non solo la fine degli attacchi suicidi e del lancio dei missili, ma la fine della resistenza tutta, cosa inaccettabile e soprattutto inconcepibile per la popolazione palestinese che da anni lotta per poter vivere nelle proprie case. Intanto comunque, anche grazie alla mediazione del capo della sicurezza locale Omar Suleiman, si stanno cercano altre soluzioni per non tornare a mani vuote e soprattutto per arrivare alla fine dei conflitti.

In Libano
Domenica scorsa la popolazione del Libano ha eletto Presidente della Repubblica libanese, Michael Sulemain, che già chiede un ritorno alla normalità che deve però avvenire con “l’aiuto di tutti”. Dopo gli scontri delle ultime settimane, che avevano portato le strade libanesi indietro di diversi anni, sembra che la gente stia lentamente cercando un ritorno alla quotidianità. La voglia di normalizzazione si legge nel fare delle persone che ogni giorno vanno a lavorare in queste terre dilaniate, che ogni giorno alzano le serrande dei loro negozi, nonostante lo stipendio non basti a sfamare le loro famiglie. Questo mentre i segni dei conflitti sono presenti per le strade e negli occhi della gente che le abita, e mentre la speranza è viva nei giovani universitari, che ancora riescono a vedere nel loro presidente una guida che li porterà ad avere un futuro.

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