sabato 15 dicembre 2007

Oscuro Lessico. Populismo

Inauguriamo oggi una rubrica a cadenza variabile curata da una nuova penna di Sferalab: Stefano Magni. Oscuro Lessico è il tentativo di analisi per lemmi, di parole/questioni di attualità nei media italiani in riferimento alla sfera del politico, del sociale e dell’economico: uno spazio per scavare oltre l'apparenza, e riprendere contatto con la realtà che si nasconde dietro le parole.

Più se ne parla, più non si capisce cos’è. Oggi, nel 2007, è la cifra stilistica di ogni fortunato personaggio o movimento politico. Il populismo è democrazia non organizzata alla deriva di purezza, al suo eccesso teorico, alla sua pratica meno razionale. Il caso vuole che oggi sia la parola d’ordine per indicare ogni personalità politica che riesce a crearsi un seguito tra i cittadini dei paesi occidentali a maturato livello di “americanizzazione” sociale, economica e politica. E’ un iter naturale e benigno quello che si sta seguendo? Siamo davanti ad uno step necessario, ad una dolorosa vittoria della democrazia? Proviamo a fare uno scarto teorico. Di fronte al populismo e alla democrazia, presi come termini fuor di prassi, dovremmo trovarci davanti ad un felice connubio, ma spostandoci nella pratica le contraddizioni vengono a galla numerose. Quelle investiture popolari, quindi di una massa consenziente e capace di giudicare anche bendata, che si vuole saggia, matura e coscienziosa, diventano riduzioni all’uno, culti della persona. Una stretta al monos, che tanto d’accordo non va con demos, che sia quest’ultimo puro e largo o, più verosimilmente, ristretto.

Quesiti liberali

Quando un popolo è pronto per decidere, si chiederebbe un buon liberale di una volta? E i liberali di oggi, cosa si chiedono? Bisognerebbe domandarlo ad Eugenio Scalfari, autore di infuocati editoriali, à la Gobetti, non fosse che tra Mussolini e Grillo qualche differenza, ancora, ce la dobbiamo vedere. Dunque, quando il popolo può decidere per sé? Se i quadri direzionali dei partiti liberali e marxisti, nonchè democristiani e socialisti, non hanno mai creduto nella totale libertà del popolo italiano, oggi vive di rendita chi il popolo riesce a portarlo con sè (vedi Veltroni e Berlusconi): questa è l’antipolitica. La nemica dei partiti, del cittadino, del bene comune.

L'antipolitica

Ma non può esistere il negativo senza il positivo che lo significa: è dalla politica che dipende il peso del suo antagonista, e qui avviene il miracolo. Colui che uccide (l’antipolitica) incolpa la vittima (la politica) di essere morta e la giuria lo assolve, nel tripudio del popolo che aspetta di riempire le piazze per un nuovo plebiscito. Grillo è figlio di Silvio e non lo sa. La rete, reale possibilità di diffrazione, mescolanza e rinascita, diventa palcoscenico, il suo contario. C’è rinnovamento in questo? La politica, le possibilità di migliorare le condizioni di vita e la libertà spirituale di un gruppo di persone, traggono benificio da questi cambiamenti? Il populismo, l’antipolitica, in realtà sono fratelli buoni, tentativi di arginare una deriva: il restringimento pratico, ma appunto incompleto e già fallito, del consumo fugace che ogni esperienza, politica, culturale e sociale deve avere in un paese dal capitalismo avanzato. C’è poco da scegliere e ogni valutazione marxista e post-marxista sembra ora più che mai, di difficile usabilità. Ogni paragrafo deve essere definito, le dialettiche ripulite e messe di nuovo ben in vista: ogni avanguardia di partito oggi, deve cambiarsi giacca e taglio di capelli, perché il loro corpo, il partito, è già dilaniato da altri poteri che così, diventano sempre più pesanti, visibili, ingombranti. Il populismo è forse uno dei modi che questi poteri hanno per essere ancora più influenti.

di Stefano Magni

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