giovedì 13 dicembre 2007

Attentato in Libano prima delle elezioni


di Gianni Galleri

Per la diciasettesima volta dal 14 Febbraio del 2005, giorno della morte dell'allora Primo Ministro, Rafik Hariri, il Libano piange per un nuovo attentato. Da quella data il popolo libanese ha visto crescere la tensione su tutto il suo territorio. L'esplosione di mercoledì, nella quale ha perso la vita il comandante Francois al-Hajj, non è che un altro tassello che va a comporre il puzzle in attesa delle elezioni presidenziali del 17 Dicembre. Il Libano è spezzettato in tutti i sensi: si contrappongono filosiriani e filoccidentali, ma si contrappone anche una popolazione stanca, che fatica a capire il perché dei giochi di potere e degli attentati e una classe politica sempre più distante.

Le responsabilità

Francois al-Hajj era il più probabile sostituito del comandante in capo dell'esercito Sulaiman, cioè colui che avrebbe preso il posto al Ministero della Difesa del possibile futuro Presidente del Paese. E allora chi ha messo i trentacinque chili di tritolo davanti al municipio di Baadba, sul tragitto che la vittima percorreva per recarsi al suo ufficio? Nell'interpretazione del gesto, il Libano si divide in due tronconi. Per il Governo di Siniora è l'ennesimo atto di interferenza di Damasco contro la pace a Beirut: “il vicepresidente sirano Faruk al Sharaa aveva garantito che la Siria era ancora più fortemente presente in Libano rispetto ad una volta e l'ha dimostrato”. Per l'opposizione, Israele aveva già minacciato il comandante durante la guerra del 2006, a causa del sostegno dell'esercito alla resistenza Hezbollah e con questa mossa si è voluta liberare di un personaggio scomodo. La dicotomia ancora una volta è insanabile.

Il terzo incomodo

Oltre il consueto e reciproco accusarsi delle due fazioni in campo, però, spunta una terza via. Il comandante al-Hajj aveva combattuto un'aspra battaglia, durata quasi quattro mesi, contro i guerriglieri di Fatah al-Islam, in un campo profughi a Nord della capitale. L'attentato che è costato la vita al comandante potrebbe essere il colpo di coda della formazione sconfitta, che avrebbe voluto così vendicarsi delle perdite subite. Si apre così la strada del regolamento di conti personale, che, per quanto possa apparire la meno credibile, allontanerebbe lo spettro della guerra civile.

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