di Salvatore Scirè
“Il Kosovo non intende essere ostaggio degli avversari dell’indipendenza”: queste le dichiarazioni del presidente Fathir Sedju dopo le fallite negoziazioni di Baden, Austria.La trojka di USA, UE e Russia non è riuscita a mediare fra la parte indipendentista e serba, non c’è uno spiraglio e il 10 dicembre c’è la volontà di rendere pubblica la dichiarazione d’indipendenza.
La vittoria rivoluzionaria
Dopo la vittoria elettorale del PDK con il leader Hashim Thaci (34%), scavalcata anche la Lega Democratica (22%), c’è aria di secessione. Sopra il 5% i partiti degli ex comandanti dell’UCK Daci e Haradinaj mentre nel complesso è stata bassa l’affluenza alle urne ( 45%), un dato che dice chiaramente che i serbi hanno boicottato il voto. I leader delle due parti tengono duro, Belgrado non accoglie l’idea secessionista ma si è detta pronta a dare ampie competenze al Kosovo, anche se lo Stato sovrano serbo conserverebbe il controllo della politica estera e la rappresentanza presso l’ONU, l’OSCE e il Consiglio d’Europa. La Serbia è disposta a concedere al Kosovo una sua gendarmeria ma non un esercito.
Autonomia incondizionata
Pristina risponde con un secco no alle proposte condizionate serbe.La Russia appoggia Belgrado nelle trattative, l’UE si trova divisa e gli USA sono favorevoli alla autonomia della provincia balcanica.Il 10 dicembre è vicino ed il fallimento di Baden, per ora, toglie possibilità alla diplomazia.Anche se sembra difficile, si dovrà scongiurare un probabile intervento militare aprirebbe lo spiraglio per un dialogo nelle altre regioni “calde” come la Macedonia e in stati come la Bosnia dove gli accordi di Dayton hanno sancito la forzata convivenza plurietnica
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