giovedì 22 novembre 2007

Il Referendum taciuto


di Michela Truncellito e Daniele Zandonà


Il 18 Novembre 2007 si è tenuto in Valle d'Aosta il primo referendum propositivo nella storia della repubblica italiana.
Anche se di carattere strettamente regionale, in quanto non esplicitamente previsto (ma nemmeno escluso) dalla Costituzione italiana, e invece introdotto dal 2005 nello statuto speciale della regione Valle d'Aosta, è indubbia la sua rilevanza in quanto innovazione senza precedenti in quanto il cittadino si trova ad esercitare un potere legislativo diretto.
Eppure questo tema è rimasto invisibile al resto della nazione, in quanto i mass media non ne hanno parlato. Un silenzio che non rende giustizia alla grande innovazione rappresentata da questo referendum.


Il referendum propositivo riguardava l'approvazione diretta di cinque proposte di legge, le quali nel caso fosse stato raggiunto il quorum del 45% e avesse vinto il si, sarebbero state pubblicate sul bollettino ufficiale della regione e sarebbero entrate immediatamente in vigore. I cinque punti sui quali i cittadini erano chiamati a votare erano: dichiarazione preventiva delle alleanze politiche, elezione diretta della squadra di governo, preferenza unica, maggiore presenza femminile nelle liste regionali, costruzione di un unico e nuovo ospedale regionale al posto dei 3 attualmente esistenti.
Proposto dal centrosinistra valdostano, e da alcuni movimenti ed associazioni, il referendum ha trovato l'opposizione anche di quelle stesse istituzioni che avevano introdotto questo strumento, tra cui il partito di maggioranza, l'Union Valdo^tain, e del presidente della regione Luciano Caveri, che hanno sollecitato la popolazione a non partecipare alla votazione; nelle loro dichiarazioni, nonostante considerino comunque questo tipo di referendum uno strumento valido, le motivazioni di queste opposizioni sono nella presunta inconsistenza e scarsa rilevanza delle proposte, usate come mera strumentalizzazione nei loro confronti, contro il governo regionale in carica.
I risultati hanno dato nei fatti ragione a questa opposizione, in quanto il quorum non è stato raggiunto, e il referendum è risultato nullo.
I comitati referendari nonostante la sconfitta pongono comunque l'attenzione sui cittadini che hanno partecipato, e intendono proseguire nel loro impegno per avere più democrazia diretta nella loro regione.

A prescindere dal risultato finale, questo referendum è stata una novita di non scarso rilievo nella storia della Repubblica, e a confronto con un'informazione regionale che ha posto grande attenzione sull'acceso scontro tra sostenitori ed oppositori dell'iniziativa, troviamo il resto dell'informazione nazionale completamente indifferente alla notizia; un'attenzione di rilievo è stata data solo in vari blog indipendenti, nei canali istituzionali ci si è dovuti accontentare di poche righe di agenzia.
Probabilmente anche con un'informazione più approfondita nel resto della nazione il risultato non sarebbe cambiato, ma viene da chiedersi come mai una novità di tale portata, uno strumento di democrazia diretta non previsto nemmeno dalla Costituzione che trova per la prima volta applicazione sul territorio nazionale, sia rimasta quasi invisibile. Esistevano altri temi più importanti per l'interesse nazionale, oppure, anche di fronte alle polemiche sulla crisi della politica degli scorsi mesi, la democrazia diretta può fare paura a qualcuno?

1 commento:

Stefano Sfera pubblica ha detto...

La questione è posta nei giusti termini. D'altro canto bisogna tener conto di un dato: il popolo, il cittadino-elettore, ha le competenze per esprimersi su questioni tecniche???