lunedì 1 dicembre 2008

Giornata mondiale contro l'Aids: per non abbassare la guardia


di Laura Liucci

“Io ho accettato abbastanza rapidamente la mia sieropositività. Ma molti non sanno cosa vuol dire essere HIV positivi, e quando lo dico l’informazione che do risulta falsata agli occhi di chi non sa”. Con queste parole un uomo spiega in un’intervista cosa vuol dire per lui vivere in una società che ancora non sa, o non vuol sapere, come si possa continuare a vivere pur lottando contro il virus dell’HIV. Ed è proprio per sensibilizzare le persone verso questo tema che, da vent’anni a questa parte, ogni 1° dicembre (data in cui venne diagnosticato il primo caso, nel 1981) viene celebrata la “Giornata Mondiale contro l’Aids”, organizzata dal 2005 dal WAC (The World AIDS Campaign) al grido di “Stop all’Aids: Manteniamo le promesse”. Diminuire sempre di più il contagio, favorire la prevenzione, sensibilizzare verso comportamenti non rischiosi e, ovviamente, trovare una cura. Queste sono le promesse che ci si propone di mantenere, insieme al proposito di sfatare dannosi e inutili taboo che vedono nella scoperta della sieropositività una condanna a morte.

Al giorno d’oggi di AIDS non si muore più, almeno in alcuni paesi. Presupposto fondamentale è infatti l’accesso a questi farmaci, unito ad una serie di politiche sanitarie in grado di fare opera di prevenzione e, in caso di sieropositività, limitare la trasmissione madre - figlio. Nei paesi ricchi questo ormai avviene nella stragrande maggioranza dei casi (nel 2007 si è registrato in Italia un solo caso di trasmissione parentale). Ma in alcune nazioni africane e asiatiche si è ancora molto indietro, benché si siano comunque raggiunti dei risultati significativi in India e in nazioni come Kenya e Zimbabwe. L’AIDS epidemic update aggiornato al dicembre 2007 parla di un totale di 33.2 milioni di persone HIV positive, di cui 22.3 milioni nella sola africa sub-sahariana, in cui l’aids resta la prima causa di morte. Se si pensa che il 90% del totale mondiale dei bambini sieropositivi vive qui si possono cogliere le drammatiche implicazioni di questi dati.

Le cause del contagio



Anche in occidente il contagio non si è arrestato. Nella sola Europa occidentale dal 1999 al 2005 il numero annuo di diagnosi di HIV si è triplicato, da 7.500 a 19.500, per poi diminuire sensibilmente nel 2007 (16.300). In Italia si hanno 4.000 nuovi casi l’anno e un totale di 24.000 malati di AIDS a tutto il 2007. I dati più significativi riguardano la composizione del campione. Mentre nei primi anni ’80 le vittime principali del contagio erano omosessuali e tossicodipendenti, nel 2007 quasi il 70% delle vittime dell’AIDS sono eterosessuali con nessuna esperienza di droga. Sono dunque i rapporti a rischio la causa principale dell’inarrestabilità oggettiva di questa piaga. E in occidente non ci sono scusanti per questo. E’ qui che bisogna insistere per cercare di porre rimedio ad una situazione che è per certi versi migliorata, ma pur sempre molto seria. Quello che questa giornata ci vuole ricordare è che, mentre nei laboratori si continua la corsa verso una cura che possa sconfiggere l’HIV, chiunque di noi può fare qualcosa impegnandosi nel proprio piccolo con comportamenti sicuri e ragionati. Aspettando il giorno in cui lo spettro dell’incurabilità sarà solo un ricordo.

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