giovedì 6 novembre 2008

Obama esalta la parte sana dell'America: gli americani che hanno voglia di cambiarla.


di Valeria Mencarelli


Ce ne sono poche di giornate così. Quelle giornate in cui puoi guardarti intorno e sussurrare “sto vivendo la storia”. Devono essersi sentiti cosi i milioni di americani che ieri hanno eletto Barack Hussein Obama 44° Presidente degli Stati Uniti d’America. Mai l’affluenza alle urne era stata cosi alta. Ma mai la storia aveva presentato al mondo un bivio così rilevante.


Perché quest’uomo non rappresenta solo un partito, quello dei democratici, con politiche completamente diverse da quelle del presidente uscente repubblicano, o solo una parte della popolazione, quello che lo ha votato, che pure è grande. Obama rappresenta quello che dell’America è sempre stato il punto di forza, la capacità di cambiare e andare avanti. La capacità di sperare, e quella di rafforzarsi.La sua vittoria, come ha lui stesso sottolineato nel suo discorso a Chicago, è la vittoria dell’America, il paese dove – nessuno può metterlo in dubbio, almeno per oggi – tutto è possibile. Questi sono gli Stati Uniti. Una nazione spietatamente capitalista, cinica, ambiziosa, troppe volte avventata e con un armadio pieno di scheletri. Spesso razzista, dove le minoranze sopravvivono ma troppo poco vivono. E poi ci sono gli americani. Un popolo che nel corso della storia è stato in grado più di una volta di rialzarsi, guardarsi intorno, aggrapparsi all’idealismo sul quale è stata fondata la sua federazione e scritta la sua costituzione, e incamminarsi verso la direzione giusta. Ieri non è stata la nazione a fare un passo. Ma gli americani. Ed Obama insieme a loro.


Una vittoria schiacciante

I dati non sono ancora completi, ma la vittoria del democratico è schiacciante: 349 a 163. Obama conquista gli stati chiave come Ohio e Florida (che nel 2004 consegnarono la presidenza a Bush), e stati come la Virginia dove dal 1964 i repubblicani dettavano legge. Anche al Senato i democratici conquistano la maggioranza con 56 seggi, contro i 41 dei repubblicani. A McCain non restano che le briciole. Chi aveva predetto – come il nostro Presidente della Camera, Fini – che gli americani non avrebbero mai eletto un nero ha dovuto ricredersi. Di Obama tanto è già stato detto, tanto è stato scritto sul messaggio che in questi mesi ha veicolato attraverso tutti i media, tante interpretazioni sono state date al fatto che questo uomo di 47 anni, con madre bianca e padre nero, nato e cresciuto dai nonni fuori dal continente, questo “outsider” del paese, sia riuscito a scalare la montagna di avversità che gli si sono poste davanti fin dall’inizio. La lotta per le primarie, mai cosi agguerrita, le accuse di complicità verso il terrorismo (e con un secondo nome cosi non è facile respingerle), i pregiudizi del suo stesso partito.


L'efficacia di un "sogno concreto"

Quello che forse è necessario ripetere è che il popolo lo ha sempre sostenuto, ed è a lui che Obama si è rivolto, prima di tutto il resto. L’editoriale del New York Times lo dice chiaro e tondo: ha vinto perché ha saputo vedere cosa c’era di sbagliato nel paese, il tentativo fallito del governo di proteggere i suoi cittadini. Non si parla di attacchi terroristici, ma di problemi pragmatici: Obama non ha promesso un governo in grado di risolvere tutti i problemi, ma quelli che vanno oltre il potere dei singoli cittadini: regolare l’economia in modo ragionevole, tenere l’aria pulita ed il cibo sano, assicurare ai malati l’assistenza medica, ed educare i giovani per competere in un mondo globalizzato. Quella che lo aspetta alla Casa Bianca è la situazione peggiore in cui il paese si trovi dagli anni della Grande Depressione, le misure che prenderà saranno sicuramente controverse, e non tutti nel prossimo quadriennio saranno soddisfatti. Ma oggi, questo uomo e il suo popolo hanno fatto la storia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Tutto vero, però mi chiedevo quanti di quelli che l'hnno votato e lo idolatrano abbiano letto il suo programma..boh