sabato 15 novembre 2008

Il paese che dice no alle donne


di Serena Rosticci

Le donne devono stare a casa a fare la calzetta. Le donne non sanno guidare. La donna è preda, l’uomo cacciatore. E ci sarebbero altre centinaia di frasi come queste, tante da poter riempire pagine e pagine. Viviamo nel 2008, in un mondo dove ormai le donne si candidano a presidentesse di uno stato e sono cancelliere di altri. Ma fino a che punto queste frasi sono luoghi comuni in un paese come l’Italia?.

L’approvazione della legge n.66 del 15 febbraio 1996 ha certo rappresentato un’importante innovazione legislativa in materia di violenza contro le donne. Tale legge qualifica questa violenza come delitto nei confronti della libertà personale, rendendo l’opinione pubblica più sensibile nei confronti di questo tema e permettendo l’emanazione di sentenze più adeguate alla natura e alla gravità del problema.

Alla ricerca della parità di diritti

La violenza contro il “sesso debole” nasce certo nelle mura domestiche ma ha molte facce, tra cui quella istituzionale come il governo in carica ultimamente sta dando prova. Con le leggi 133 e 137 da poco approvate, non si cerca infatti soltanto di abolire il diritto all’istruzione, ma si va anche contro le donne: migliaia di insegnanti - che in Italia per la maggior parte sono di sesso femminile - perderanno il posto di lavoro e verrà meno un sistema educativo - il tempo pieno - che sostiene le donne consentendo loro di lavorare e conseguentemente di avere maggiore libertà e autonomia. Viene allora da chiedersi se il nostro paese sia davvero così mentalmente aperto verso la parità di diritti di genere come vuol far credere. Molte ragazze, adulte, lavoratrici e madri con questo governo si vedranno chiuse in casa costrette a lavorare gratuitamente per badare ad anziani e bambini, economicamente dipendenti dall’uomo.

Le donne scendono in piazza
In un anno gli attacchi alla libertà e all’autodeterminazione femminile sono aumentati esponenzialmente e le leggi sopra citate ne sono solo un esempio. Sarebbero infatti da ricordare il blitz della polizia al policlinico di Napoli per il presunto aborto illegale e le aggressione contro le lesbiche che sempre più spesso avvengono nel nostro paese. Violenze legittimate e incoraggiate dal governo che vuole imporre modelli di comportamento normalizzati in nome del “decoro” e della “dignità”. Va poi citato il disegno di legge Carfagna che vuole criminalizzare le prostitute ed imporre linee guida per tutte le donne. Il 22 novembre ci sarà un corteo di donne autorganizzato che scenderà in piazza contro la violenza maschile per ricordare che il “gentil sesso” non si può dividere ne in buone e cattive, ne in sante e meretrici, ne in vittime e colpevoli: le donne sono tutte libere.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La cosa peggiore è che la Garfagna, quindi una donna, voglia fare leggi contro le donne.
Poi vuole paragonarsi alla "dama di ferro" Margaret Thatcher mah!

Anonimo ha detto...

Vero Luca, ma il problema è che la Carfagna non è una donna, ma un prodotto della televisione, un burattino nelle mani di chi ha il potere.

serena rosticci