giovedì 13 novembre 2008

Gabriele Sandri, un anno dopo la sua morte ancora niente giustizia

di Marco Enrico Anselmi


Per un intreccio di anniversari, tempi di indagini e processi, in questi giorni si sono incontrate sui media tre storie che hanno un elemento in comune: la mattanza alla scuola Diaz di Genova, il pestaggio di Emmanuel Bonsu, l’omicidio di Gabriele Sandri. Il filo che lega questi eventi è fatto di arroganza, e cuce tra loro le storie di piccoli uomini la cui viltà va a braccetto con la pretesa di impunità; storie di parti malate delle forze dell’ordine, la cui superbia si è concretizzata in atti di violenza cruda e barbara nei primi due episodi, mentre nel caso del giovane romano non si può parlare di ferocia, ma di un singolo, freddo momento di delirio di onnipotenza di un uomo al quale, evidentemente, è stata data una pistola con una colpevole superficialità. A distanza di un anno sono diverse le ombre sul caso Sandri, così abbiamo chiesto a Marco Anselmi, giornalista sportivo e voce di Radio 6, di ricostruire per noi questa storia allo stato brado, senza le sovrastrutture affibbiatele dal circo mediatico, spoglia delle dinamiche del tipo “una domenica da tifosi violenti” che finora sono servite solo a gettare fumo negli occhi all’opinione pubblica. Anche se stavolta la gente, nonostante anni di pillole indorate da maresciallirocca e distrettidipolizia sempre ligi e cortesi, ha capito dall’inizio che qualcosa non andava nella ricostruzione ufficiale dei fatti: speriamo lo capisca anche chi dovrà giudicare un uomo che ha coscientemente deciso di ucciderne un altro (Simone Conte).


E’ una domenica di Novembre quando un giovane di 26 anni, con un gruppo di amici innamorati di Lazio, si mettono in viaggio per andare a vedere una semplice partita di calcio. Sveglia molto presto, appuntamento al solito posto, tutti pronti e via, si va. Sguardi assonnati, occhi abbottonati, c’è chi non ha dormito: Gabriele, tornato a casa da una serata delle sue, nelle quali davanti ad una consolle suonava la sua musica, quella che lo divertiva ma soprattutto quella che faceva divertire centinaia di ragazzi. Il viaggio procede alla grande, si discute di donne, di Lazio e musica di sottofondo scelta da lui come al solito, si susseguono brani, non manca la sua preferita “Meravigliosa Creatura” di Gianna Nannini, c’è anche una canzone particolare che suona, poco conosciuta di Massimo Morsello “Punto di non Ritorno”.


La sosta d’obbligo in un Autogrill, è necessario un caffè, bisogna sgranchirsi le gambe dopo qualche ora di viaggio, eccone uno, quello di Badia al Pino, provincia di Arezzo. Un caffè un cornetto qualche battuta, forse qualcuna di troppo con dei tifosi della Juventus, si accende una zuffa fuori dal bar, qualche spintone, 30 secondi di confusione, si risale in macchina e si va via di corsa, meglio lasciar perdere. Nessuno sembra accorgersi di nulla, il titolare dell’attività non ha sentito nulla, nemmeno chi lavora all’interno del bar.
Solo i poliziotti sono riusciti a capire ciò che è successo, ma non possono fare nulla, sono dall’altra parte, nell’autogrill che sta in direzione Roma, potrebbero prendere il numero di targa dell’auto e segnalarla ad un’altra pattuglia, potrebbero segnalare il modello dell’auto, la targa è difficile da vedere, l’auto è a 70 metri circa di distanza. Ma non è quello che accade: l’agente Luigi Spaccarotella impugna la pistola tra le mani, entrambe le mani, braccia tese, segue per qualche secondo il movimento dell’auto e lascia partire un colpo, lo confermano alcune testimonianze, il proiettile percorre centimetro per centimetro la strada che divide la canna di quella maledetta pistola al collo di Gabriele Sandri, seduto nel sedile posteriore. Lo colpisce a morte. La vita di un ragazzo si 26 anni si spezza così. E con lui la vita di una famiglia.
Da quell’ 11 novembre ad oggi è “iniziato” un processo, la seconda udienza ci sarà a gennaio, la prima è stata sospesa. L’agente ha chiesto il perdono della famiglia Sandri, caso vuole, nel momento in cui si avvicinava la prima udienza, non si è presentato al processo, che anche senza di lui andrà avanti, la speranza è che nulla sia sottaciuto, come chiedono le istituzioni, come ha chiesto l’ex Sindaco di Roma Veltroni e come ha dichiarato il neo Sindaco Alemanno. Bisogna far luce su questo grave fatto. Di certezze ce ne sono almeno due: si piange la morte di Gabriele Sandri, l’agente Spaccarotella è libero. C’è chi ha sparato, ha un nome, c’è chi è stato assassinato, anche lui ha un nome. Martedì una fiaccolata nel quartiere Balduina, dove viveva, lo ha ricordato: con grande partecipazione tanta gente, tanti amici e i suoi cari erano lì a ricordare che aspettano che sia fatta giustizia
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5 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti Marco..non potevi far di meglio

Un abbraccio Fabio

Anonimo ha detto...

Giustizia per Gabbo...sempre nei nostri cuori...ALEX

Anonimo ha detto...

Grazie per questa testimonianza
Elisabetta

Anonimo ha detto...

Bravo Marco... ricostruzione oggettiva, non c'è nulla da aggiungere.

Si chiede solo giustizia.

Rowena

Anonimo ha detto...

Complimenti per l'articolo e per come hai riportato i fatti.

"C’è chi ha sparato, ha un nome, c’è chi è stato assassinato, anche lui ha un nome."
...adesso deve essere fatta giustizia.

Mara