giovedì 23 ottobre 2008

Bandite le intercettazioni, pronto il bavaglio per il giornalismo. Incontro e conversazione con Marco Travaglio


di Simone Conte

“Io non sono di sinistra”. Lo ha già detto in passato, è cosa abbastanza nota, ma per qualcuno è sempre una sorpresa: non per noi. Marco Travaglio, figura di riferimento dell’antiberlusconismo, se esistesse una destra, la voterebbe. E’ sempre bene ricordarselo, è un elemento che aiuta a togliere la luce ideologica con la quale troppo spesso i suoi critici tentano di illuminarlo. Travaglio non ha nessuna voglia di fare favori alla sinistra: fa il suo lavoro. E diventa combattivo quando non glielo fanno fare, come ha ben illustrato ieri durante un incontro su giornalismo e democrazia, nell’ambito del Premio Paolo Borsellino a Roseto degli Abruzzi. Eravamo lì, e a margine dell’incontro abbiamo avuto modo di chiedergli qualcosa sul suo lavoro e su quello sta succedendo nel paese..
Al centro dell’attenzione del discorso di Travaglio è stata la nuova legge per la regolazione delle intercettazioni che, se venisse approvata così com’è stata proposta, rappresenterebbe un durissimo colpo innanzitutto all’autonomia e all’efficacia dell’azione giudiziaria, e in secondo luogo (ma non meno importante) alla possibilità per i giornalisti di poter raccontare le fasi processuali, anche solo di poter scrivere per quale motivo qualcuno è stato arrestato. Questa seconda evenienza potrebbe apparire come un problema secondario, ma non lo è, se si pensa ai tempi della giustizia. In media, dal momento dell’arresto dell’indagato all’inizio del processo passano circa 3 anni, e secondo la nuova legge il cronista giudiziario non potrebbe scrivere nulla sul caso sino all’inizio del processo. Se così fosse, gli scandali legati a Fazio, Fiorani, Moggi, Del Turco non sarebbero emersi se non sino all’inizio del processo, permettendo di fatto agli indagati di godere del silenzio mediatico per continuare ad esercitare i loro reati, o per tentare di insabbiarli.

Ma secondo Travaglio, se anche la legge dovesse essere ritenuta costituzionale in Italia, troverebbe un punto di arresto se portata davanti ad una corte europea. Per questo sin d’ora lui e altri giornalisti dichiarano che non appena entrerà in vigore, pubblicheranno delle intercettazioni per farsi condannare e poter impugnare la sentenza in sede europea, al fine di dimostrare la natura liberticida del testo. E a proposito di condanne, è venuto naturale chiedere delucidazioni su quella che lo riguarda e alla quale è stato dato uno spazio inusuale dai media, come se in molti non vedessero l’ora di vedere giustiziato il giustiziere.

Ci spiega la sentenza del processo che la vede coinvolto contro Previti?
Al momento è una sentenza di primo grado penale, che io non posso commentare perché non c’è, nel senso che so che c’è una giudice monocratica di Roma che mi ha condannato a 8 mesi di reclusione per aver scritto una cosa vera su Previti, ma il perché mi abbia condannato e perché mi abbia dato una pena così spropositata non lo so perché la motivazione verrà depositata tra sessanta giorni, e credo che dovrà impiegarli tutti per riuscire a motivarla. Penso che il migliore commento ad un sentenza che non si condivide sia quello di fare appello. Naturalmente potrei dire che è una giudice di Forza Italia, che mi perseguita per fini politici, che chiedo il trasferimento del processo, ma non sono il Presidente del Consiglio quindi preferisco appellare le sentenze che non condivido. Tra l’altro ho messo l’articolo sul mio blog, chi vuole può andare a leggerselo e vedere che Previti era citato in mezza riga, era l’articolo più buono che io avessi mai scritto su Previti in vita mia, ne ho scritte diverse migliaia.

Data la situazione dell’informazione italiana per quanto riguarda stampa e tv, e sapendo che l’affidibalità delle fonti internet è spesso precaria, come fa un cittadino medio ad informarsi quantomeno in modo decente?
Non esiste un criterio scientifico: bisogna leggere molto. E se uno legge molto se la fa un idea su chi merita fiducia e chi no, parlo di giornali nazionali e locali, di tv ed internet. Non si può dire “è tutto uno schifo”, ci sono siti buoni e no, ci sono giornali buoni e no, all’interno degli stessi quotidiani ci sono un sacco di giornalisti bravi e un sacco di giornalisti che fanno schifo. Di solito quelli bravi sono quelli che documentano le cose che dicono citando le fonti e dando la possibilità a chi vuole andare a controllare di farlo.

Vale anche per la tv?

Si vede subito se un programma è di inchiesta giornalistica documentato o un programma autogestito dai partiti, quindi non è vero che l’informazione non esiste più,ma è minoritaria rispetto a quello che si autodefinisce il mondo dell’informazione che è pieno di gente che non dà notizie ma comunicati, o opinioni rispettabili ma inutili. Bisogna farci un po’ l’occhio per capire di chi fidarsi e chi no. Io sono inorridito quando leggo gli editoriali del Corriere della Sera, eppure sullo stesso giornale ci scrive Gian Antonio Stella, che è un signor giornalista, documentatissimo, che porta dati e dà la possibilità di verificarli. Anche nei giornali che in apparenza sembrano più lontani dall’informazione si possono trovare delle perle.

Oggi Berlusconi ha annunciato che darà ordine di usare le forze di polizia per evitare l’occupazione di scuole ed università. Dato il clima già abbastanza caldo, con reazioni di questo tipo da parte del Governo si stanno creando i presupposti per un nuovo sessantotto?
Spero di no, visto com’è finito il primo. Il ’68 è servito ad alcuni furbacchioni per fare carriera, tutti i gruppettari e i rivoluzionari, o almeno i loro capi sono entrati nel Partito Socialista prima e poi in Forza Italia. Quindi non credo che abbia prodotto un grande risultato. Spero che produca una cosa diversa, sono felice che sia un movimento molto più trasversale, molto più apolitico e concreto. Protestano contro il fatto che gli si vuole tagliare la cultura, non contro i professori che bocciano: non vogliono il sei politico, vogliono poter studiare con i mezzi e gli insegnati giusti. Chiedono esattamente il contrario del “todos cabballeros” della contestazione, mi stanno molto più simpatici che non i sessantotttini. Fermo restando che il sessantotto intervenne perché sussisteva una situazione di baronia universitaria inaccetabile, è la degenerazione, la caricatura che portò risultati discutibili.

Qual è la sua opinione riguardo i fondi statali per l’editoria?
In linea di principio sono contrario. Dopodichè che il governo decida a te lo tolgo e a te lo lascio come sta facendo adesso per affamare il Manifesto, questo è sbagliato, perché così dai agli amici e togli ai nemici. In linea di principio sono contrarissimo a soldi pubblici ad imprese private: se i giornali sono letti si leggono, altrimenti no. Purtroppo da noi non c’è un mercato libero della pubblicità perché va solo agli amici di Berlusconi, quindi bisogna tener conto di tutte queste cose, su questo Grillo è troppo netto (Beppe Grillo propone di abolire tutti ogni tipo di contributo pubblico all’editoria, ndr)

Quindi data la situazione non pensa che sia un modo per garantire il pluralismo?
Certo, in questo momento si. Ma bisogna liberalizzare il mercato della pubblicità, poi la pubblicità andrà ai giornali che vengono più letti, e a quel punto quelli che non vengono letti devono chiudere. Bisognerebbe abolire tutti i giornali finti, come quello dell’Udeur, quello si che è uno scandalo. Oppure ci sono giornali che reggerebbero tranquillamente come quello di Feltri, ma che fingono di essere apparentati al Partito Monarchico che non esiste, per prendere miliardi pubblici.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

finchè mediaset continuerà a controllare i 2/3 della pubblicità, in Italia non esisterà vero pluralismo.

Anonimo ha detto...

Vero, e se a questo aggiungi che la pubblicità sui quotidiani vale sempre meno, si concretizza il piano di egemonia della raccolta pubblicitaria nato con publitalia.