lunedì 12 maggio 2008

Omicidio di Verona: la sicurezza prima e dopo la campagna elettorale

di Daniele Zandonà

L'omicidio avvenuto a Verona del ventinovenne Nicola Tommasoli, da parte di 5 giovani vicini agli ambienti di estrema destra del capoluogo, ha sconvolto le coscienze di buona parte dell'opinione pubblica. Tiepide e incerte sono state invece le risposte della politica di fronte a questa tragedia, e ciò suscita qualche riflessione, soprattutto essendo appena usciti da una campagna elettorale che ha fatto della sicurezza il suo punto focale. E c'è ancora più da riflettere in quanto gli accusati dell'omicidio appartengono a quegli stessi ambienti che molto hanno alzato la voce contro i paventati “nemici” della sicurezza nelle strade delle città, immigrati ed extracomunitari.
Violenza e nichilismo
Non intendiamo soffermarci solo sulle appartenenze politiche degli aggressori, che in questi giorni hanno suscitato parole apparse quantomeno improprie da parte del presidente della Camera Gianfranco Fini, il quale ha paragonato la tragedia di una vita spezzata a manifestazioni ideologiche come l'incendio di una bandiera. Preferiamo notare come questi fenomeni di violenza tra i giovani, di spavalderia e di bullismo da strada siano diffusi in tutta Italia, nelle periferie come nei centri delle città, tra gli sbandati come tra i figli di tante famiglie “bene”. Target molto distanti dai soliti bersagli delle richieste di sicurezza che sono tanto care in campagna elettorale. Come ha ben fatto notare il professor Galimberti ad AnnoZero, questo nichilismo imperante in una generazione totalmente votata al consumo, vuota di idee e di rispetto per il prossimo, si fa solo scudo di una qualche ideologia per motivare e dare un senso a della violenza fine solo a sé stessa. La presenza di tante associazioni che inneggiano a movimenti che hanno fatto della forza e della violenza la loro gloria nello scorso secolo, rende solo più facile questo compito. Non vogliamo cadere nel clichè di una gioventù bruciata: sappiamo molto bene quante persone buone, impegnate e ricche di valori ci siano; questo però non deve far sottovalutare quella consistente parte di giovani che cercano e creano violenza per sentirsi vivi.
Il nemico in casa
L'opinione pubblica soffre e si indigna, molti pensatori si interrogano sulle radici di questa violenza, la politica non si espone e tenta di “schivare la palla”. La riflessione allora è amara. Quando il “nemico”, l'autore della violenza, non è l'immigrato o il diverso diventa difficile rispondere con semplici soluzioni come “mandiamoli tutti a casa”: questi a casa loro ci sono già. Il problema diventa allora di educazione, di società e di senso civico di tanti italiani. La risposta allora deve essere necessariamenta più complessa e soprattutto seria. E forse proprio per questo, questa politica non sa darla.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' sempre un piacere leggere delle analisi così. Io sono forse piu ideologizzato, ma il gesto di Verona lo leggo talmente connotato politicamente da non poter pensare che sia figlio legittimo dello sdoganamento del fascismo nella nostra società. Abbiamo fatto finta che il fascismo non fosse un problema, ci siamo tappati gli occhi quando si facevano i saluti fascisti, ci siamo dimenticati il reato di apologia. Il gesto di Verona è fascismo.
J

Anonimo ha detto...

Il gesto di Verona non e' Fascismo,e' pura stupidita' di persone ignoranti e senza valori.

Darioverz