di Serena Rosticci
In Italia effettuare un aborto, nella maggior parte dei casi, significa andare incontro ad una lunga corsa ad ostacoli, che spesso costringe le donne ad emigrare o ad aspettare oltre i tempi consentiti dalla legge, come è successo pochi giorni fa a Salerno. L’80% dei ginecologi sono obiettori di coscienza, non praticano quindi l’aborto. Ma spesso medici, parti politiche e Chiesa, non si rendono conto della sofferenza che può generare un’interruzione di gravidanza in una donna, di quanto questo gesto possa essere in realtà pensato. E’ un momento durante e dopo il quale una persona avrebbe bisogno solo di silenzio, e non delle irruzioni nelle corsie ospedaliere della polizia, che con un atto come quello di pochi giorni fa va a ledere pesantemente un diritto sacrosanto.
Un tema troppo delicato
Tutto questo perché la 194, la legge sulla tutela della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza, non è applicata nella sua interezza, come invece dovrebbe essere e come chiedono diversi politici in questi giorni, anche in risposta alla scelta di Giuliano Ferrara di presentare una lista Pro-Life, tema che appare troppo legato all’etica per essere oggetto di una campagna elettorale, anche secondo la Pdl (ventilato come possibile approdo della lista del direttore del Foglio) che attraverso diversi suoi esponenti ha messo un veto all’apparentamento.
Un tema troppo delicato
Tutto questo perché la 194, la legge sulla tutela della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza, non è applicata nella sua interezza, come invece dovrebbe essere e come chiedono diversi politici in questi giorni, anche in risposta alla scelta di Giuliano Ferrara di presentare una lista Pro-Life, tema che appare troppo legato all’etica per essere oggetto di una campagna elettorale, anche secondo la Pdl (ventilato come possibile approdo della lista del direttore del Foglio) che attraverso diversi suoi esponenti ha messo un veto all’apparentamento.
1 commento:
Il silenzio in cui una donna si chiude serve veramente ad elaborare il dolore della perdita oppure è solo paura di affronatare la realtà della propria scelta?Non che si voglia affermare che una donna non soffra della propria decisione,anzi come donna, ritengo il dolore per la perdita di un figlio, anche non voluto, pari alla perdita di una parte di sè insostituibile;trovo però che la domanda che ci si debba porre scientificamente di fronte a tale scelta è "perchè l '80% dei ginecologi non vogliono praticare l'aborto".La comunità scientifica si è posta il problema di questo rifiuto?Perchè si continua ad ingnorare che per motivi etici moltissimi medici non condividono questa pratica e non la adoperano e si lascia spazio solo a quel 20% che lo fa:forse perchè tutto ciò metterebbe in luce che il feto non è solo "qualche cellula che si può eliminare" e forse è del silenzio scientifico che ci si dovrebbe occupare.
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