Un festival non è una stagione teatrale dove vengono scelti gli spettacoli perché sono belli, dà un segno diverso, quindi per prima cosa direi che ritornano i cinque artisti che sono venuti al festival lo scorso anno, i maratoneti (cinque artisti che hanno presentato un “embrione” di spettacolo un anno fa ed ora lo presenteranno finito, ndr) A me interessava far vedere agli spettatori un artista o una compagnia in momenti diversi, per mostrare il cambiamento e l’evoluzione di questo lavoro. E questo percorso ha senso non se lo fai con i grandi nomi della tv dei quali si sa già tutto, ma con artisti che si fanno repliche tutto l’anno ma che magari a Roma li trovi solo al Rialto dove fanno lo spettacolo davanti a cinque spettatori, e invece lo scorso anno a Bella Ciao facevano il tutto esaurito. A me piace perché diamo allo spettatore la possibilità di trovarsi di fronte ad un pezzetto della storia teatrale di questi ultimi anni, e non a dei semplici spettacoli isolati l’uno dall’altro.
E veniamo alle note dolenti, Bella ciao è veramente arrivato alla sua ultima edizione? Come si è arrivati a questo punto? L’affluenza e l’attenzione sono andate sempre crescendo nelle scorse edizioni...
In questi 4 anni abbiamo messo in fila un certo numero di artisti indicativi di un clima culturale, questo perché il festival doveva essere il primo passo verso la realizzazione di uno spazio teatrale in questa periferia, nella quale abitano decine di migliaia di persone senza che ci sia un teatro, senza che ci sia una vera attività culturale che non sia quella che parte esclusivamente dal basso. C’è qualche centro sociale, un centro giovanile e qualche centro anziani, c’è solo questo, ed è poco, perché è tutto autorganizzato. C’è un multisala che fa film di Natale tutto l’anno. La situazione delle politiche culturali è più o meno zero, qualcosa negli ultimi anni si è smosso, ma diciamo che se non è zero è uno, veramente troppo poco.
E’ troppo poco anche in relazione al fatto che le scorse edizioni di Bella Ciao hanno dimostrato che se ci sono proposte, la gente anche se non abituata a frequentare teatri, risponde in massa.
Si, nelle scorse edizioni è stato così, invece temo che quest’anno avremo dei problemi in questo senso, perché non abbiamo una lira, e non siamo riusciti nemmeno a fare un minimo di promozione, in più siamo in uno spazio che di solito non è attivo, che è sempre chiuso. L’anno scorso eravamo vicini alla metro, per tre anni siamo stati lì, la gente lo conosceva. Adesso la situazione a livello economica è diventata difficilissima.
Di chi è la responsabilità di questa situazione?
Bè il Comune ha dato un taglio netto ai finanziamenti, la Provincia ci voleva aiutare ma probabilmente a causa dell’insediamento recente non è riuscita a darci l’aiuto di cui avremmo avuto bisogno, e sarà che in generale di soldi ce ne sono proprio pochi. Noi facciamo uno sforzo enorme ma così siamo proprio sotto la soglia della sopravvivenza. Noi abbiamo cercato di arginare il problema inserendo alcune proiezioni dove l’anno scorso c’erano degli spettacoli, aumentando il numero di spettacoli miei che non devono essere pagati, e in diversi casi contando anche su artisti che ci saranno per la propria voglia di esserci, penso a Giovanna Mezzogiorno, Johnny Palomba, Veronica Cruciali o Roberto Latini che insieme a me daranno luogo ad una serata sull’11 settembre, che vengono veramente per amicizia.
Per quale motivo secondo te vengono destinati fondi pubblici a fiction che propongono storie patinate, spesso inzuppate di buonismo e invece non a iniziative come può essere il festival che cercano di raccontare e interpretare la realtà, e non di edulcorarla? Siamo un paese che ha paura di vedersi per quello che è?
Si, ma non soltanto. Bella Ciao è un festival abbastanza piccolo, se chiude se ne accorge chi ama il teatro e chi sta a Cinecittà e per chi sta lì è brutto perché se già in un anno succedono due cose, una la levi pure…E ti dico che non è un discorso di censura, ma proprio di ignoranza, di mancanza di sensibilità. Uno spazio come le Officine Marconi dove noi andiamo a fare il Festival è stato ristrutturato e con gli stessi soldi che hanno speso per fare quello che hanno fatto si poteva fare molto meglio. Il posto è di un privato, che ha ristruttura questo spazio perché deve costruire un quartiere lì intorno, nell’ambito di una sorta di scambio con le istituzioni, però la ristrutturazione deve essere vera altrimenti ci sono delle enormi difficoltà logistiche ed economiche. Quando vedi queste cose allora capisci che non è che i soldi non ci siano, ma che vengono spesi male, è come se vai al supermercato, fai la spesa, paghi e lasci le buste alla cassa. Poi è normale che non hai niente da mangiare e neanche i soldi per ricomprarle quelle cose.
Parli solo di Roma o è una situazione diffusa?
Io di teatri ne ho visti centinaia in tutta Italia in dieci anni di repliche, e ho visto che spesso dopo i restauri la situazione era peggiorata, perché le cose vengono fatte con superficialità, e per esempio non si pensa di consultare un fonico prima di fare un impianto di riscaldamento con dei tubi enormi che disturbano la messa in scena. Noi abbiamo scelto quel posto anche perché ci è stato chiesto dal muncipio di valorizzarlo, di avviarlo e farlo conoscere, e adesso ci ritroviamo a spendere la stessa cifra che avremmo speso allestendo il palco all’aperto in una zona più frequentata.
Tu sei tra quelli che meglio capiscono e raccontano questa città, volevo sapere cosa ne pensi di questa escalation di violenze riconducibili ad ambienti di estrema destra, sembra che stiamo facendo dei passi indietro, anche perché spesso questi episodi quando poi vengono ricostruiti dalla polizia vengono isolati da un contesto politico, si dice che sono ragazzate e si derubricano ad episodi di bullismo.
Se quello che dà una coltellata al capellone si è letto da heidegger a Hitler, e in generale tutto quello che è il pensiero di destra, o se anche solo è uno che si tatuato la svastica perché l’amico suo se l’era tatuata, insomma se uno è mosso da una ideologia o se invece è solo una bravata di destra, la questione politica è la stessa. Il problema non è tanto che non ci sia una motivazione ideologica vera, il problema è che questa ideologia passa attraverso una serie di strati molto diversificati. Questa cultura di destra ad esempio c’è già a partire dalla scuola, dove stravincono le liste degli studenti di destra che magari si mascherano dietro il nome di una leggenda celtica, oppure vale lo stesso discorso per lo stadio, dove il ragazzo che ci va neanche se lo pone il problema del revisionismo storico, non gli interessa minimamente se i campi di sterminio sono esistiti o no, se ci bruciavano gli ebrei o i pidocchi, però vive in quell’ambiente che è profondamente di destra, in entrambi i casi non si tratta di bullismo o di piccola criminalità, ma di residui di un ideologia che va chiamata col nome suo, cioè fascismo. E’ una violenza che sta passando un pò ovunque, ieri sera uno (anarchico) venuto da me e m’ha detto “Tu non devi parlare di anarchia in televisione altrimenti prima o poi qualcuno ti spara nel culo”, nel senso che era lui a spararmi, mica uno a caso, io mi sono messo a ridere, ma in realtà ero spaventato.
Cioè secondo lui sei troppo poco anarchico per parlare di anarchia?
Si. E subito ho pensato “Ma dimme te se me deve sparà un anarchico e non un fascista”, magari è una cosa che pensa solo lui, ma è un esempio che ti fa capire che c’è proprio una voglia di fare a botte, di esprimersi attraverso la violenza, che qualche anno fa non c’era. Ed è una violenza che passa purtroppo anche attraverso una serie di dichiarazioni azzardatissime dei politici...
Si sente che ti stai mordendo la lingua
2 commenti:
Ciao Simone! Ben tornato! é sempre molto gradevole leggere i tuoi articoli, ma questo mi ha colpito in modo particolare, perchè, prima di tutto, è strutturato sulla intervista ad Ascanio Celestini che, per me, è un grande uomo d teatro e di cultura e poi, perchè si parla di teatro e di mancanza di interesse, da parte dello stato di incentivare questa arte che, sicuramente, esprime più di tutte la realtà e il contesto sociale in cui si vive. Anche io facio teatro e so quanto sia difficile portare delle innovazioni, in questo settore, se non fai parte di un certo contesto commerciale e commercializzato...Purtroppo, viviamo nel mondo della banalità e si preferice finanziare una manifestazione di "Miss", piuttosto che una manifestazione legata al teatro, quindi alla cultura. Ebbene, questo è "l'elogio all'idiozia" e, specchio di questa condizione, sono tutte le istituzioni nazionali che, non garantiscono, grazie al governo degl imbecilli, nè una crescita culturale e nè una formazione sociale. Quindi..."Addio, Bella Ciao"!...In ogni senso.
Biancarosa
Bentrovata Biancarosa,
purtroppo il come vengano destinati questi finanziamenti non è mai stato oggetto di una vera e approfondita inchiesta, noi nel nostro piccolo cercheremo di denunciare casi di cecità come quelli che hanno portato a far sì che questa fosse l'ultima edizione di bella ciao.
Posta un commento